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Distanti ma uniti, grazie alla realtà virtuale

a cura di Thomas Ducato

 

  • In queste settimane di lockdown abbiamo capito che la socializzazione non si sovrappone necessariamente alla presenza fisica
  • La realtà virtuale aggiunge un nuovo elemento nella comunicazione a distanza: la spazialità
  • La condivisione di uno spazio, con la sua narrazione e una temporalità precisa, ci permette di sfruttare al massimo alcune capacità del nostro cervello

 

Distanziamento sociale. Queste due parole, pronunciate da tutti come un mantra nelle ultime settimane, stanno cambiando in modo profondo le nostre abitudini e il nostro modo di stare con gli altri, con possibili ripercussioni anche nel lungo periodo.
Ma la socialità è alla base della nostra vita, dalla sfera lavorativa a quella professionale, e si è da subito fatto ricorso alle tecnologie per fronteggiare la situazione di emergenza: video lezioni, meeting digitali, aperitivi social e connessi.

In questi mesi di emergenza abbiamo continuato a comunicare, in alcuni casi forse anche più di prima, ma lo stare insieme è sempre stato filtrato dalla piattezza di uno schermo, dalla mancanza di contatto e dall’assenza di condivisione di uno spazio comune. Anche a questi limiti, però, c’è una risposta tecnologica: la realtà virtuale.
Troppo spesso associata solo al mondo dei videogiochi, questa tecnologia sta vivendo un vero e proprio boom e potrebbe beneficiare dell’emergenza portata dal nuovo Coronavirus per trovare nuovi ambiti di applicazione e affermarsi in diversi settori.

 

Un mercato ricco e in forte crescita: il digitale 2.0

Nata con i videogiochi e trainata dal loro ricco mercato, la realtà virtuale già prima dell’emergenza rappresentava un settore in forte espansione. I numeri, stimati dalla società di consulenza Pricewaterhouse Cooper nel report “Seeing is beliving� – vedere per credere, dicono che entro il 2030 la VR porterà 1.500 miliardi di dollari e 23,3 milioni di nuovi posti di lavoro all’economia mondiale. A beneficiarne saranno diverse industrie tra cui manifatturiero, sanità, energia, retail e formazione.

Ci stiamo dirigendo verso un futuro, dunque, in cui reale e virtuale si fondono, creando nuove possibilità come ci ha spiegato Simone Arcagni, professore all’università di Palermo, giornalista, consulente ed esperto di nuovi Media.

“La strada verso il futuro è immersiva. Ci sarà sempre di più un accesso misto tra reale e virtuale. – ha raccontato Arcagni – Più questi ambienti saranno naturali nell’esperienza e semplici negli accessi, più ci sarà una spinta da questo punto di vista�.Secondo Arcagni il futuro del digitale, quindi, sarà qui: “Il digitale 2.0 sarà quello immersivo, diciamo olografico. Immagine solida, con un ambiente interattivo e partecipato�.

A questo punto, però, una precisazione è d’obbligo ed è relativa alla distinzione tra digitale e virtuale. Il primo, attraverso il web, collega e connette spazi diversi, mentre il virtuale permette di entrare nello spazio di un altro o ne costruisce di nuovi, dove coesistere. È prima di tutto una simulazione della presenza, che ci consente di interagire non solo con le persone, ma anche con l’ambiente.

 

La lezione del Covid-19: distanti ma uniti

Il nuovo Coronavirus ci ha portato ad accelerare l’adozione di alcune innovazione e ha spinto verso l’impiego massiccio di strumenti tecnologici, anticipando dei cambiamenti che di fatto erano già in atto. È anche il caso della realtà virtuale, che ha trovato nell’emergenza una situazione ideale per esprimere tutto il suo potenziale. Ne abbiamo parlato con Valentino Megale, CEO di Softcare Studios, PhD in neurofarmacologia e impegnato nell’ambito della digital health e delle tecnologie immersive.

“C’è una cosa che abbiamo compreso in questo periodo: socializzare con altri non è qualcosa che si sovrappone per forza con la vicinanza fisica. – ci ha detto – Significa soprattutto comunicazione: possiamo essere lontani pur rimanendo vicini. È fondamentale stabilire canali di comunicazione di qualità per intrattenere relazioni che siano, a loro volta, di qualità. Da questo punto di vista la realtà virtuale spinge la comunicazione e le relazioni su nuovi livelliâ€�.

La VR, infatti, è in grado di creare nuove dinamiche di fruizione, comunicazione e socializzazione, perché aggiunge un nuovo e fondamentale elemento rispetto agli altri media: la spazialità.

 

Condividere uno spazio per vivere un’esperienza

Il confinamento sociale vissuto da tutta Italia durante la quarantena è stato spesso paragonato a quello a cui sono costretti gli astronauti durante le loro missioni spaziali. Ma questa condizione è purtroppo nota anche ai pazienti lungodegenti con cui Valentino Megale e Softcare Studios lavorano da tempo.

“La percezione svolge un ruolo importante nel processo di cura e la duplice condizione di confinamento spaziale e isolamento sociale è un fattore rilevante. In questo contesto la realtà virtuale può dare moltissimo e non è un caso che siano stati in molti a scriverci in queste settimane, comprendendo finalmente a pieno il potenziale di questa tecnologia�.

Il fatto di poter progettare spazi e interazioni offre opportunità in tantissimi altri campi, dalla sfera personale a quella lavorativa. Questo anche alla luce di alcuni meccanismi che si attivano a livello cerebrale.

“Il cervello è come un muscolo, – ha proseguito Megale – solo che invece di volere variabilità di stimoli meccanici ha necessità di nuovi stimoli sensoriali. Se vogliamo semplificare all’estremo potremmo dire che la VR è una palestra per la mente. La piattezza dello schermo restituisce un’esperienza sensoriale che è lontana dalle dinamiche di percezione naturali del cervello. Potremmo quasi fare un parallelismo: il digitale, attraverso lo schermo, sollecita il cervello un po’ come i muscoli vengono sollecitati da un elettrostimolatore. Il virtuale, al contrario, è paragonabile al sollevamento pesi: associamo alla stimolazione muscolare tutta la complessità del movimentoâ€�.

La realtà virtuale, dunque, ci consente di vivere un’esperienza all’interno di un luogo, con una sua narrazione e temporalità. In questo modo siamo in grado di sfruttare maggiormente alcune abilità del nostro cervello: concentrazione, memoria, capacità di apprendimento, comunicazione, creatività. Tutti elementi fondamentali per studio e lavoro.

 

Lavorare in ambienti virtuali: oltre lo smart working

Una lezione che abbiamo appreso negli ultimi mesi è che lavoro da remoto non è sinonimo di lavoro intelligente, o meglio smart. Non è sufficiente utilizzare gli strumenti ma apportare nelle aziende un cambio di mentalità, che spesso si traduce in nuovi processi. Questo vale anche per la formazione, dove non basta replicare sul digitale le dinamiche del lavoro in aula.

La realtà virtuale, però, aggiunge un ulteriore elemento, facendoci vivere la presenza.

“Non tutti i lavori o processi – spiega Megale – sono ugualmente dipendenti dallo spazio: in una fabbrica non si può prescindere dalla presenza fisica. In altri casi lo spazio funge un ruolo di ottimizzazione: è qui che la realtà virtuale può aiutare a migliorare il lavoro da remotoâ€�.

Ci sono attività e processi , infatti, per cui una presenza fisica (o simulata) può rappresentare un vantaggio notevole. “Mi riferisco in particolare a brainstorming e progettazione, dove la condivisione di uno spazio attiva una serie di dinamiche di interazione che sono importanti nello stimolare idee e soluzioni innovative�.

 

Come cambiano gli eventi?

Se i luoghi di lavoro, pur con nuove norme e dinamiche, stanno lentamente tornando a popolarsi, nel mondo degli eventi gli impatti del Covid-19 si sentiranno ancora per molto tempo: appuntamenti in cui, molto spesso, più che i contenuti, le presentazioni e le attività ad essere centrali sono i momenti di networking e relazione. Ma anche in questo senso la realtà virtuale offre una soluzione concreta, a cui in molti hanno fatto ricorso in queste settimane.

“È possibile creare degli ambienti, in cui fare incontrare le persone e farle interagire, accessibile sia attraverso visore sia con lo schermo. – ha detto Megale – Partecipare a meeting e presentazioni, ma anche mostrare oggetti e prodotti. Il tutto con costi contenuti grazie a piattaforme già impostate e facilmente personalizzabiliâ€�.

Una conferma arriva dal successo dell’evento Virtual Market 4, la più grande esposizione digitale del mondo che si è svolta dal 29 aprile al 10 maggio sulla piattaforma VR Chat. Nel lungo catalogo di espositori figurano anche nei colossi come Audi, Netflix, Panasonic e Sega, a testimonianza del fatto che questo tipo di iniziative iniziano ad attirare l’attenzione anche di grandi marchi. E non potrebbe essere altrimenti visto che l’edizione 2019 della rassegna aveva coinvolto 710,000 persone e che nel 2020 ne erano attese più di un milione.

 

Sfide etiche e normative: questa volta siamo in tempo

Le sfide tecnologiche non mancano (connessioni, server in grado di gestire molto traffico, visori performanti e leggeri, migliorare la risposta fisica del nostro corpo), ma gli aspetti normativi, culturali, etici e sociali sono urgenti e complessi.
L’elemento positivo è che forse, questa volta, ce ne siamo accorti in tempo. Grazie anche all’esperienza vissuta sulla nostra pelle con i social network, visti troppo a lungo come giochi e diventati a tutti gli effetti un fenomeno sociale, un business, un canale di maketing e vendita diretta, uno strumento politico.

La VR, da questo punto di vista, non deve essere presa sotto gamba: il fatto di vivere un’esperienza all’interno di ambienti sempre più naturali e definiti potrebbe amplificare maggiormente gli impatti delle emozioni negative e nascondere nuove insidie.
L’incontro virtuale tra una madre e la figlia defunta
, progetto che ha visto la luce in Corea del Sud qualche mese fa, offre solo un assaggio della complessità delle sfide che ci troviamo di fronte.

“Ci sarà una sfida normativa e intellettuale. – ha chiuso Simone Arcagni – Servirà una chiamata alle armi di antropologi, etnografi, geografi culturali, filosofi. Bisognerà andare a definire l’identità degli ambienti, ma anche la nostra identità all’interno di questi spazi. Un’identità molteplice che dovrà essere tutelataâ€�.

Altri aspetti importanti da definire sono quelli relativi alla proprietà intellettuale e ai dati, non più solo informazioni personali ma anche comportamentali ed emotive.
Inoltre, andranno affrontati gli aspetti normativi e studiati, anche attraverso la ricerca scientifica, gli impatti sociali e psicologici, che potrebbero rivelarsi cruciali con l’arrivo di veri e propri social network su VR, come “Horizon� di Facebook.

Quali norme saranno applicate in questi mondi senza confini e bandiere? Saremo sempre in grado di cogliere il confine tra reale e virtuale? Cosa succede se il mondo virtuale ci piace più di quello in cui viviamo?

Source: http://www.ninjamarketing.it/

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