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Si parla ancora di Micro Influencer e sempre più di Content Experience: ecco i Digital Marketing Trend 2020

  • Il content marketing ha raggiunto una fase di maturità e stabilità nelle strategie dei brand, ma ora va ripensato in ottica olistica, in relazione all’esperienza utente.
  • Il consumo di video continuerà a crescere nel corso di quest’anno, per questo è necessario ideare formati capaci di emergere e restare impressi nella mente dei consumatori.
  • Infine, anche l’influencer marketing sta vivendo una fase di trasformazione: che si tratti di micro influencer o celebrity, la parola chiave resta autenticità.

2020. Tra buoni propositi, obiettivi e ripartenza, parliamo anche di trend. Per i professionisti del marketing è un must sapere cosa bolle in pentola per il nuovo anno, a cosa prestare attenzione e cercare nuovi modi per battere sul tempo i competitor.

Abbiamo raccolto i più significativi per il nuovo anno per capire, attraverso esempi di brand che già li usano, come possono essere implementati nella tua strategia.

Oltre il content marketing c’è la content experience

“Content is King” lo sappiamo tutti ormai. Sempre più aziende investono sui contenuti: che sia un blog, un podcast, la newsletter periodica, i post social, ecc. Tanto che il content marketing ha ormai raggiunto la sua fase di maturità e stabilità. Quello che ancora in pochi fanno è un passo in più sui contenuti, cioè collocarli in un contesto più ampio e con un approccio più olistico legato all’esperienza utente.

Per questo il trend 2020 sarà la content experience.

LEGGI ANCHE: Il significato di Content Marketing spiegato a mia zia (e al mio collega)

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Brevemente, la content experience è l’esperienza complessiva di accesso, consumo, coinvolgimento e risposta a un flusso di contenuto diffuso dal brand.

La content experience avviene tra diverse piattaforme, device e canali e accompagna il potenziale cliente lungo tutto il customer journey. Una content experience di successo ha un alto grado di rilevanza, personalizzazione, tempestività, consistenza e “utilità“. Approccia il contenuto in maniera olistica e non come singolo, perché l’insieme restituisce un valore superiore rispetto la somma delle sue parti. La content experience tiene conto del contesto in cui è presente il contenuto, come l’usabilità dell’interfaccia, la scelta dell’immagine, la struttura del sito, l’organizzazione del contenuto, ecc.

Positiva o negativa che sia, ogni brand fa vivere all’utente una content experience durante tutto il customer journey: pensate tanto al post di LinkedIn, quanto alla brochure inviata dal sales al potenziale cliente. Ciò che è importante per un brand è realizzare che non sono contenuti spot e silos, ma un insieme di contenuti che accompagnano all’interno di un percorso e come in una staffetta uno lascia il testimone all’altro.

La vera sfida 2020 è quindi quella di concentrarsi non sul primo click, ma su quello che succede dopo essere stati scoperti e continuare il viaggio insieme all’utente.

Un articolo davvero interessante di MarTech spiega passo passo e in maniera approfondita come passare da content marketing alla content experience.

Come esempio di content experience prendiamo MailChimp. Nella sezione Risorse del sito web, propone una content experience dividendo in macro categorie i contenuti: per iniziare con l’email marketing; consigli pratici di marketing; guide di prodotto e tutorial; storie di successo e aggiornamenti di prodotto.

Ricalca così quello che può essere il viaggio dell’utente dalla conoscenza, all’acquisto del prodotto, all’uso.

Tra le strategie che MailChimp ha introdotto per migliorare la content experience:

  • la sezione “Marketing Tips” si concentra sull’aiutare gli imprenditori ad aumentare i ricavi attraverso strategie di e-commerce marketing, A/B testing, automation workflow, ecc.
  • ha introdotto una nuova sezione MailChimp presents dove pubblica contenuti originali che celebrano lo spirito imprenditoriale attraverso documentari, video, podcast in una veste grafica accattivante e una user experience estremamente curata.

Video, dirette Live e IGTV

Nel digital marketing la pubblicità video continua a crescere senza sosta. Secondo il report IAB 2019, il budget destinato ai video è cresciuto del 25% rispetto l’anno precedente e tre advertiser su quattro pianificano di aumentare la spesa in video nei prossimi 12 mesi.

I settori che spendono di più nei video sono Media & Entertainment (+75%) e Fashion (+45%). Sette inserzionisti su dieci inseriscono influencer nelle loro pubblicità video.

Se cresce la spesa pubblicitaria è perché cresce il consumo dei video. Sempre secondo IAB, il 74% dei consumatori americani da 13 anni in su guarda video online streaming almeno una volta a settimana, il 41% giornalmente e il 78% di coloro che consumano video guarderebbero pubblicità in cambio di contenuti gratuiti.

Ma andiamo ai canali e formati video, particolarmente interessanti per i trend 2020.

IGTV è qui per restare. Lanciata un po’ in sordina e con qualche dubbio, IGTV continua a crescere e nel 2020 lo farà ancora. Grazie agli update di Instagram come l’icona nella home per esplorare i contenuti, la possibilità di inserire una preview del video nel feed e l’introduzione del formato landscape, che per i brand significa postare video orizzontali che utilizzano anche su altri canali, IGTV è sicuramente un trend 2020 da tenere d’occhio.

Un esempio di utilizzo di IGTV è quello di WWF, che pubblica dei brevi video-documentari in formato landscape .

Tra i video WWF su IGTV, “Our Planet Pioneers” ha generato 365 mila visualizzazioni e 341 commenti.

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Dirette sui social. Le statistiche ci dicono che le dirette social generano più visualizzazioni e engagement rispetto al semplice video. I video Live Facebook producono sei volte più interazioni dei video tradizionali e generano dieci volte in più commenti.

Non è un caso che anche LinkedIn abbia lanciato nel 2019 LinkedIn Live, che con una notifica ci informa quando qualcuno è in diretta.

Un brand che sta utilizzando LinkedIn Live, con grande risposta da parte degli utenti, è il Sole24Ore. In una delle ultime dirette Live ha ottenuto oltre 300 commenti e circa 18.000 visualizzazioni.

LEGGI ANCHE: Anche su LinkedIn arrivano le dirette video con LinkedIn Live

La pubblicità sulle piattaforme streaming

Se chiedessimo alle persone cosa fanno durante la pausa di una serie su Netflix, probabilmente avremmo nelle prime due posizioni mangiare e andare in bagno, forse nelle ultimissime posizioni (e non è neanche detto) “guardare la pubblicità“. Tuttavia per le piattaforme streaming sostenere i costi alti, soprattutto per la produzione di contenuti di qualità, senza l’appoggio della pubblicità diventa sempre più difficile. I grandi player stanno quindi pensando a una formula di pubblicità non invasiva per gli utenti, che porti ottime entrate e allo stesso tempo visibilità per i brand.

Oltre Netflix, nel mercato streaming altre piattaforme come HBO, Hulu (solo Giappone e USA) si sono aperte a pubblicità video o con immagine statica senza interrompere la visione e l’esperienza utente, nonostante siano piattaforme a pagamento.

Hulu sta utilizzando come pubblicità immagini statiche durante il momento di pausa. Ci sono poi piattaforme completamente gratuite che in cambio diffondono pubblicità, come Pluto TV e Comcast’s Peacock di NBC che potrebbe diventare presto gratuita.

Ma torniamo a Netflix: non ha pubblicità fastidiosa che interrompe la visione, ma non lascia i brand fuori dalla porta, anzi gli strizza l’occhiolino. Famosa la partnership con Coca-Cola per Stranger Things sia all’interno della serie con product placement che all’esterno con la limited edition di New Coke.

Anche altri brand hanno collaborato per Stranger Things fuori dalla piattaforma con le loro limited edition, come Lego e Burger King. Un’altra partnership è stata quella con Diesel per la serie La Casa di carta.

LEGGI ANCHE: Non solo Burger King, ecco i big brand che hanno celebrato Stranger Things con un mood eighties

La partnership fuori dalla piattaforma può quindi essere una buona strada per far innamorare gli utenti, ma se lo facessero massivamente tutti i brand potrebbe perdere di efficacia.

Una soluzione win-win potrebbe risiedere invece nel branded content, ossia il brand è parte stessa della produzione e creazione del contenuto.

Un esempio recente andato in onda sul canale di National Geographic è la docu-serie in sei puntate “Activate” di P&G e National Geographic. La serie tratta delle cause alla base della povertà: la sostenibilità delle risorse, la criminalizzazione della povertà, i soccorsi alle vittime di disastri, l’educazione di bambine e ragazze, i rifiuti causati dalla plastica e la crisi idrica a livello globale.

P&G attraverso un contenuto di valore racconta come il suo lavoro e la collaborazione con associazioni contribuisce attivamente a migliorare il mondo ed essere una forza positiva.

Le nuove forme di pubblicità sulle piattaforme streaming saranno quindi un trend 2020 da tenere molto d’occhio.

Una parentesi merita anche la pubblicità sulle piattaforme di streaming musicale. Spotify con oltre 217 milioni di utenti ha recentemente dichiarato che utilizzerà i dati degli utenti per pubblicità estremamente targettizzate all’interno dei suoi podcast. Questo significa che io e la mia collega nella stessa stanza potremmo ascoltare due pubblicità diverse sullo stesso podcast.

Anche gli insight messi a disposizione dei marketer saranno più completi.

Micro Influencer, UGC e Community

Un report di Talkwalker e Hubspot ci rivela che nel 2019 le conversazioni sul tema dell’influencer marketing sono scese del 42% rispetto l’anno precedente.

Sull’influencer marketing ci sono due grandi questioni: non c’è ancora un quadro di riferimento chiaro per misurare il successo delle campagne e molti top influencer perdono autenticità con la propria audience, diventando un mass-media piuttosto che la persona della porta accanto di cui fidarsi.

Un trend 2020 per l’influencer marketing è quello di puntare di più sui micro e nano influencer che intrattengono con la propria audience un rapporto più genuino e vero. Questo minimizza il rischio di destinare un grande budget su un’unica persona, riduce il costo per ritorni potenzialmente più elevati, permette di concentrarsi su audience specifiche e genera più engagament.

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Non basta tuttavia guardare solo al numero di follower, ma è importante per i marketer capire come gli influencer gestiscono il rapporto su lungo termine con la propria community. Non è infatti scontato che il micro influencer sia più autentico del top influencer.

Un’altra strada da percorrere è quella di far diventare gli utenti stessi influencer attraverso gli User Generated Content. Un esempio di brand che ha sperimentato con TikTok gli UGC è l’azienda di gaming IGG che ha sviluppato il gioco online Lords Mobile.

L’azienda ha chiesto agli utenti TikTok un video di 15 secondi con un ballo creativo e aggiungere #superlords. In palio un premio da 3000 €.

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LEGGI ANCHE: Cosa dovremmo aspettarci dall’Influencer Marketing nel 2020 (e come farsi trovare pronti)

Per quanto riguarda le community, internet si fa sempre più privato e le persone preferiscono scambiare idee e opinioni con i propri simili piuttosto che gridarle nella piazza del newsfeed. Ecco quindi che crescono i gruppi social, aumentano le interazioni via chat e messaggi privati.

Per i brand tra i trend 2020 c’è sicuramente la creazione e gestione di community, che portino un valore aggiunto nella relazione con l’utente attraverso contenuti di qualità e scambi di opinioni autentiche e costruttive.  Come community di successo, quella di Sephora, creata già da qualche anno, continua ad essere un punto di riferimento e avere contenuti sempre aggiornati e postati soprattutto dagli utenti (User Generated Content).

Source: http://www.ninjamarketing.it/

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