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La curiosità è importante e stimolarla nei bambini porta a un migliore apprendimento

  • È stato dimostrato come la curiosità, unita a un corretto approccio all’apprendimento, possa essere fondamentale in un bambino per apprendere nuove conoscenze;
  • Uno studio dellaUniversity of Michigan ha cercato di dimostrare come solo la curiosità, intesa come componente socio-emozionale, può effettivamente garantire maggiore propensione all’imparare in un bambino con conseguenti migliori risultati scolastici.

 

Non ho particolari talenti, sono soltanto appassionatamente curioso.

Diceva Albert Einstein, un uomo straordinario che indubbiamente ha lasciato un segno indelebile sul mondo. La parola curiosità, e quindi anche l’aggettivo curioso, deriva dal latino curiosus, che a sua volta deriva da cura, ovvero “sollecitudine”. Il curioso è qualcuno che si cura, che è sollecito nell’investigare e nel ricercare i fatti. Potremmo sintetizzare la definizione epistemologica di “curioso” come qualcuno che è desideroso di sapere, quindi. Tutto ciò si collega alle parole del padre della teoria della relatività, che ci può far pensare che dietro a un genio, oltre al talento, c’è sempre curiosità.

Molte ricerche hanno portato una grande consapevolezza sull’importanza delle componenti socio-emozionali di un individuo quando si tratta di apprendere nuove conoscenze. In particolare, si è notata una correlazione con una maggiore predisposizione dei bambini a imparare e ottenere buoni risultati scolastici. Tra le componenti socio-emozionali da considerare c’è senza dubbio la curiosità, intesa come capacità di immaginare e inventare. Un’importanza fondamentale, poi, la riveste la capacità di autoregolazione dei comportamenti, anche detta “effortful control“, che si collega all’attenzione e tenacia nel portare a termine dei compiti. A queste si collegano i comportamenti pro-sociali, quindi l’abilità a formare e mantenere relazioni, e l’autoregolazione emotiva.

Come si collegano queste componenti alla capacità di apprendere di un bambino? Esistono correlazioni reali e tangibili tra la curiosità e la capacità di imparare cose nuove?

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Che cos’è la curiosità?

La curiosità è caratterizzata dalla gioia di scoprire cose nuove, dalla motivazione di cercare risposte a qualcosa che ancora non si conosce.

Se guardiamo alle moltissime storie di successo di imprenditori, scienziati, sportivi o qualunque altra personalità, ci possiamo accorgere che hanno in comune il fatto di aver scoperto qualcosa di nuovo, o di averlo fatto in modo diverso dall’ordinario: hanno avuto la curiosità di esplorare l’ignoto, di andare oltre, portando innovazione. La curiosità, infatti, è fondamentale per l’apprendimento ed è per questo che è importantissima per i bambini, i quali la sviluppano sin da molto piccoli. Lo psicologo Jean Piaget li ha definiti come dei “piccoli scienziati“, per la loro fame di conoscenza.

Si può definire la curiosità come uno stato motivazionale, un approccio personale, associato all’esplorazione. Può essere collegata a più dimensioni, riferendosi alla persona o a una situazione specifica. Nel primo caso si parla di tratti caratteriali, qualcosa di profondo, insito in un individuo. Una persona può essere curiosa per natura, risultando aperta alle esperienze, desiderosa di novità, propensa ad accogliere tutto ciò che è inaspettato. La curiosità, però, può anche essere situazionale, relativa agli interessi più eccentrici di una persona, e può essere influenzata dal contesto individuale e sociale in cui si trova.

È stato dimostrato, infatti, come le persone possano diventare più curiose se coinvolte in attività a cui danno effettivamente molto significato dal punto di vista personale. Quindi, si potrebbe presupporre che intrattenere i bambini con attività legate a esperienze per loro significative può stimolare la loro curiosità. 

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Come la curiosità stimola l’apprendimento: lo studio

Ci sono molti studi che hanno provato come la curiosità, unita a un corretto approccio all’apprendimento (l’autoregolazione dei comportamenti o effortful control), possa essere fondamentale in un bambino per apprendere nuove conoscenze, soprattutto in età pre-scolastica. Ma la curiosità, da sola, può effettivamente garantire maggiore propensione all’imparare?

È la domanda a cui hanno cercato di rispondere alcuni studiosi della University of Michigan in uno studio del 2018. Se effettivamente la curiosità spinge un bambino a cercare di conoscere qualcosa che ancora non conosce, allora spingendolo a essere sempre più curioso e incoraggiando certi suoi atteggiamenti lo si potrebbe favorire nel suo percorso di apprendimento, scolastico e non.

Ecco quindi che lo studio ha cercato di dimostrare come la curiosità possa diventare un vero e proprio indicatore di risultati per l’apprendimento. Nello specifico, sono stati presi in esame i risultati in matematica e capacità di lettura. Non solo: gli studiosi hanno cercato di analizzare il fenomeno anche considerando alcune variabili, come i livelli di effortful control di un bambino (la sua attitudine verso l’apprendimento), il suo genere, e il suo stato socio-economico. Questo per comprendere come la curiosità possa essere incentivata anche in situazioni e contesti specifici, non solo per sottolinearne l’importanza come tratto di personalità.

6200 bambini hanno preso parte allo studio, che consisteva in alcuni assessment di matematica e lettura per testarne le loro capacità. Genitori e insegnanti, invece, si sono visti somministrare dei questionari legati al comportamento dei bambini. Analizzando i risultati in periodi di tempo diversi (a 9 mesi, a 2 anni, all’asilo, ecc.), si è potuto comprendere pattern e correlazioni tra risultati scolastici e curiosità.

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I risultati dello studio

Lo studio ha evidenziato come ci sono effettive correlazioni tra curiosità e ottimi risultati scolastici. Ciò è risultato indipendente dai livelli di effortful control dei bambini: chi risultava più curioso apprendeva più facilmente nuove conoscenze e otteneva migliori risultati. In particolare, si è notato che questo accade soprattutto in bambini con uno status socio-economico non elevato.

Dallo studio è stato evidenziato come non sia solo l’approccio all’apprendimento a essere importante per un bambino, ma anche la sua curiosità. Il “mostrare desiderio di imparare nuove cose” diventa fondamentale, soprattutto prima di entrare in un percorso scolastico. Ecco quindi che sarebbe opportuno identificare maggiori opportunità per coltivare la curiosità nei bambini, incoraggiando soprattutto quelli più piccoli.

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Il fatto che i bambini in condizioni socio-economiche meno rilevanti siano più soggetti a queste correlazioni tra curiosità e apprendimento, poi, può farci riflettere. In un’epoca in cui si è bombardati da fatti e notizie in tempo reale è inevitabile pensare come siamo sempre più circondati da meno curiosità. Può sembrare un paradosso, ma se da un lato abbiamo maggiori possibilità di esplorare il mondo, allo stesso tempo le informazioni a cui siamo esposti non sempre sono significative, di valore. Non solo: diamo per scontato che ottenere un’informazione sia facilissimo, basta un click o pronunciare la parola “Alexa”. Questa facilità ci porta a un calo della voglia di esplorare, del desiderio di sapere, di tuffarsi nella conoscenza di qualcosa. Scoprire qualcosa di nuovo è ormai troppo facile, e non sempre implica uno sforzo.

Una minore esposizione alla tecnologia o una minore interazione con strumenti che ci consentono questo accesso immediato alla conoscenza, forse, potrebbe farci modificare il modo in cui “utilizziamo” la nostra curiosità. Quest’ultima è la nostra sete di sapere, la nostra volontà di scoprire ciò che non si conosce, la voglia di impegnarsi per apprendere qualcosa di nuovo. Può bastare solo quella per portarci a un ottimo apprendimento, e lo studio illustrato precedentemente ha cercato di dimostrarlo. Meno si ha, più si avrà volontà di conoscere qualcosa di nuovo.

Un bambino non ha esperienza, è solo all’inizio di un percorso che dovrà costruirsi, cercando di seguire i suoi interessi e le sue passioni. Per questo, è importante stimolare la voglia di sapere dei bambini, sin dalla tenera età. La curiosità sarà qualcosa che potrà poi accompagnarli per tutta la vita. Se nasce nell’infanzia, con raffiche di domande e richieste, si rafforza nell’adolescenza, accompagnando i ragazzi nella loro crescita. Negli adulti, poi, è uno degli indicatori principali che può portare verso la capacità di innovare e il sentirsi realizzati, fino ad alimentare la voglia di vivere negli anziani. La curiosità, quindi, non è solo qualcosa che può portare i bambini ad apprendere più facilmente la matematica o a leggere meglio, ma una componente emotiva di enorme potenza e valore, che va coltivata continuamente.

Source: http://www.ninjamarketing.it/

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