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Trasformazione digitale e PMI: un fattore culturale

  • Competenze e formazione saranno cruciali per le aziende del futuro
  • L’Italia ancora fanalino di coda in Europa per la digitalizzazione della società
  • Il comparto Sales e Marketing dovrebbe essere il primo beneficiario di questa trasformazione

 

Le PMI italiane, 156 mila società che costituiscono l’ossatura della nostra economia, vedranno una contrazione del loro fatturato del 12,8% nel 2020, con un rimbalzo nel 2021 dell’11,2%, insufficiente per ritornare ai livelli del 2019.

Sono gli effetti del Covid-19 previsti dal Rapporto Regionale PMI 2020, realizzato da Confindustria e Cerved, in collaborazione con SRM-Studi e Ricerche per il Mezzogiorno. Una battuta d’arresto importante che rende necessaria, in misura ancora maggiore rispetto a quanto già non lo fosse, una svolta nella policy. Momenti trasformativi come quello che stiamo attraversando, infatti, sono un’occasione importante per innovare e introdurre cambiamenti nei contesti aziendali.

Se, da un lato, i decreti statali potrebbero offrire una spinta importante e la tecnologia sembra offrire soluzioni in grado di inserirsi sempre più facilmente nei processi aziendali, dall’altra sembrano mancare ancora dei tasselli centrali: maggiore fiducia, consapevolezza e, soprattutto, formazione.

 

Dal Decreto Crescita 100 milioni per le PMI

Dopo essere state coinvolte solo in parte dal piano Industria 4.0, con buona parte degli incentivi andati almeno all’apparenza alle grandi aziende, le micro, piccole e medie imprese avranno a disposizione 100 milioni di euro. Il finanziamento è stato stanziato dal Ministero dello sviluppo economico nell’ambito del Decreto Crescita per “la trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi attraverso l’applicazione di tecnologie avanzate previste nell’ambito di Impresa 4.0 e di quelle relative a soluzioni tecnologiche digitali di filiera”. Il decreto punta a sostenere la Digital Transformation nel settore manifatturiero e in quello dei servizi diretti alle imprese, nel settore turistico per le imprese impegnate nella digitalizzazione della fruizione dei beni culturali e nel settore del commercio, contribuendo così agli obiettivi di innovazione e di crescita di competitività dell’intero tessuto produttivo del Paese.

Le domande potranno essere compilate a partire dal prossimo 15 dicembre e saranno valutate e gestite da Invitalia.
Una grande opportunità per inserire nelle proprie aziende e nei processi alcune tecnologie avanzate quali, si legge sul sito del MISE, “advanced manufacturing solutions, additive manufacturing, realtà aumentata, simulation, integrazione orizzontale e verticale, industrial internet, cloud, cybersecurity, big data e analytics, software, piattaforme e applicazioni digitali per la gestione e il coordinamento della logistica, eCommerce, sistemi di pagamento mobile e via internet, fintech, sistemi elettronici per lo scambio di dati geolocalizzazione, tecnologie per l’in-store customer experience, system integration applicata all’automazione dei processi, blockchain, intelligenza artificiale, internet of things”.

 

Tecnologia alla portata di tutti: è sufficiente?

Per portare una reale trasformazione in azienda, però, i finanziamenti da soli non bastano, è necessario avere conoscenze e competenze per sfruttare le tecnologie e avere una struttura in grado di adattarsi alle innovazioni introdotte dai nuovi sistemi. Un aiuto potrebbe arrivare da strumenti sempre più flessibili e facili da utilizzare, anche senza competenze tecniche elevate.

Un esempio è la tecnologia sviluppata da Rulex, azienda “divisa” tra Stati Uniti e Italia, un sistema di intelligenza artificiale in grado di spiegare quello che ha elaborato e di essere utilizzato nel mondo business in modo semplice e immediato. “Quella sviluppata da Rulex – ci ha spiegato Andrea Ridi, CEO e Co-founder di Rulex – è una tecnologia proprietaria Italiana, in grado di riconoscere dei pattern all’interno dei dati e descriverli in regole: è quello che noi umani facciamo continuamente. Una delle caratteristiche importanti è quella di poter creare un framework comune tra l’esperienza dell’essere umano e l’intelligenza artificiale e farli comunicare.

I sistemi di IA “tradizionali” sono detti black box, perché l’apprendimento avviene attraverso complessi momenti matematici e solo i data scientist riescono a capire quello che ha elaborato. È molto difficile unire la conoscenza dell’umano con quella della macchina. Piattaforme come Rulex, invece, permettono di automatizzare, gestire e creare nuovi processi decisionale ibridi, gestiti in collaborazione tra uomo e macchina. La nostra nostra ambizione è quella di diventare una piattaforma per il decision management gestibile da chiunque. Il fatto di avere un’IA in grado di spiegare ciò che ha elaborato apre la piattaforma a tutti, offrendo un nuovo ventaglio di opportunità”.

Prima, però, servono fiducia e consapevolezza

L’edizione 2020 del rapporto Desi – Digital Economy and Society Index  sulla digitalizzazione dell’economia e della società, da poco diffuso dalla Commissione Europea, vede l’Italia tra i fanalini di coda a livello continentale: occupiamo la 25esima posizione su 28 Paesi.

Il processo di digital transformation passa anche e soprattutto da qui, da una consapevolezza diffusa e una maggiore conoscenza degli strumenti digitali. Ne è convinto anche Alberto Giusti, esperto di digital transformation con oltre vent’anni di esperienza in strategia d’impresa e CEO per diverse aziende internet, uno dei fondatori del movimento Digital Building Blocks per la trasformazione digitale e di Guilds42, piattaforma di incontro, formazione e lavoro per imprese e giovani. “Tutti si stanno focalizzando sull’innovazione – ci ha dichiarato Giusti a Impactscool Magazine – quando in realtà è un pezzo che deve venire dopo. Oggi va utilizzato il digitale per implementare le funzionalità fondamentali. Se andiamo ad analizzare il livello di alfabetizzazione digitale del management e del personale dell’aziende vedremo che è irrisorio”.

Dall’altra, secondo Giusti, è importante modificare il mindset delle imprese procedendo, se necessario, anche a piccoli passi, soprattutto nei settori storici e chiave per il nostro Paese e in cui la trasformazione digitale non è ancora avvenuta.

“L’unico modo in cui questa situazione può sbloccarsi è che quei settori dove l’Italia ha qualcosa da dire riescano a fare il percorso di digital transformation con un focus su sales e marketing. Parlo di oreficerie, concerie, il manufacturing, la viticoltura, settori in cui l’Italia è un’eccellenza riconosciuta ma dove non è ancora avvenuta la trasformazione digitale in grado di modificare il sistema. Il cambio nel breve periodo può avvenire solo se il focus sarà in questi settori, ambiti in cui nel giro di 3-5 mesi l’azienda può riuscire ad avere risultati e acquisire fiducia. Solo così potrà poi premere sull’acceleratore innovando sugli altri fronti. Se continueremo a focalizzarsi solo su industria 4.0, sulla digitalizzazione della produzione e sul controllo dei macchinari e utensili, tutti temi assolutamente interessanti ma in realtà secondari su una roadmap, sarà difficile avere un cambiamento rapido”.

 

Il tema della formazione

Dopo la consapevolezza deve arrivare la formazione. Per comprendere l’urgenza di questo aspetto occorre partire da un dato, che arriva anche in questo caso dal già citato indice Desi. Solo il 22% degli italiani tra i 16 e i 74 ha competenze digitali superiori a quelle di base. Parlare di trasformazione digitale in questo contesto sembra prematuro, se non un controsenso.

Secondo il dossier 2020 Unioncamere-ANPAL, il 75% delle aziende italiane dichiara che nei prossimi sei mesi metterà in campo azioni di reskilling del personale già presente in azienda, sia per far fronte alla crisi in atto sia per colmare, almeno in parte, questo gap. La formazione continua è uno degli aspetti su cui focalizzarsi, insieme a quello dell’educazione digitali per i nostri studenti, tema su cui si è soffermata anche la Ministra all’Innovazione Paola Pisano in una recente lettera.

La distanza tra educazione e mondo del lavoro si riflette anche sulla ricerca del personale e sull’occupazione: nel settore ICT il gap tra domanda e offerta di competenze è attualmente del 18% e molte aziende dichiarano di fare fatica a individuare alcuni profili da inserire nel contesto delle loro imprese.

Quando si parla di trasformazione digitale, in particolare nella micro, piccola e media impresa, tendiamo a soffermarci sugli aspetti tecnologici e sulla necessità di incentivi economici per sostenere grandi investimenti.
Accanto a tutto questo, però, non dobbiamo dimenticare un altro aspetto, fondamentale per riuscire a cogliere le opportunità che il domani ci offre e guidare il cambiamento verso il migliore dei futuri possibili: la digital transformation è anche e soprattutto un fattore culturale.

a cura di Thomas Ducato, giornalista di Impactscool.

Source: http://www.ninjamarketing.it/

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